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  Scuola di Teologia dei Laici  
  Brescia 20-09-2003  
  Carissimi Lettori (Alunni ed Amici),
Mi è stato fatto presente che tempo addietro avevo offerto l’opportunità di rendere disponibili i miei appunti su alcune “figure” significative per la loro (e la nostra!) esperienza spirituale. Poi è arrivata l’estate…
Ma, se “ogni promessa è debito”, sono lieto di assolvere l’impegno. Troverete di seguito le note relative a S. Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo (“s. Teresina”) ed a Charles de Foucauld.
Ve le offro con l’augurio che questi appunti Vi possano aiutare a (ri-)scoprire tali grandi testimoni ed a leggere direttamente le loro opere (al termine di ogni profilo trovate una piccola bibliografia, che rende anche ragione delle sigle utilizzate).
Sempre grato a quanti mi faranno pervenire correzioni ed osservazioni, in vista di una “versione riveduta e corretta”, Vi ringrazio della Vostra stima e Vi auguro buona lettura.
Buon anno pastorale! Pace e bene!
 
 
don Diego Facchetti
 
 
Seminario Diocesano
via Bollani 20 - 25123 BRESCIA
tel. 030.37.12.236
e-mail: dondiegofacchetti@interfree.it
 
  Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo: 2/1/1873 - 30/9/1897 - can. 17/5/1925 -
dottore della Chiesa 19/10/1997
 
  1. "Entro nella vita"
Il 30/9/1897 Teresa muore mormorando: "Oh! Io l'amo. Mio Dio io vi amo". Pochi mesi prima aveva scritto: "Non muoio, io entro nella vita" (LT 244 a don Maurice Bellière, 9/6/1897; OC 584).
Tra le frasi raccolte al suo capezzale, alcune parlano di una futura "missione":
"Sento che sto per entrare nel riposo... Ma sento soprattutto che la mia missione sta per cominciare, la mia missione di far amare il buon Dio come io lo amo, di dare la mia piccola via alle anime. Se il buon Dio esaudisce i miei desideri, il mio Cielo trascorrerà sulla terra sino alla fine del mondo. Sì, voglio passare il mio Cielo a fare del bene sulla terra [...] Non posso riposarmi finché ci saranno anime da salvare": QG 17.7; OC 1028.
La sua missione sarebbe passata anche attraverso la testimonianza degli scritti, fonte insostituibile per la sua conoscenza. Teresa lascia tre scritti autobiografici d'ineguale lunghezza, composti a richiesta di tre persone diverse: M. Agnese di Gesù (la sorella Paolina divenuta priora); la sorella maggiore Sr Maria del S. Cuore, alla quale racconta le grazie decisive del settembre 1896; M. Maria di Gonzaga, priora dei primi e degli ultimi anni della sua vita religiosa, che le ha richiesto nel giugno 1897 di proseguire il racconto autobiografico iniziato per M. Agnese.
Dopo la morte di Teresa, M. Agnese rifonde e rimaneggia i manoscritti, che compaiono nel 1898 in un libro dal titolo Storia di un'anima, che conosce una straordinaria diffusione.
Il lavoro per l'edizione critica degli scritti porta nel 1956 alla pubblicazione dei Manoscritti autobiografici, così come sono usciti dalla penna di Teresa. Sono tali Manoscritti a guidarci alla scoperta di Teresa. Ad essi vanno aggiunti gli altri testi di Teresa (lettere; poesie; preghiere; Pie ricreazioni: i "pezzi" teatrali scritti per le Consorelle); le parole raccolte durante gli ultimi mesi di vita, edite criticamente negli Ultimi colloqui (documento più importante è il cd. Quaderno giallo di M. Agnese); i Consigli e Ricordi scritti da Sr Genoveffa (Celina).
 
  2. Infanzia ed adolescenza
Nona ed ultima figlia di Luigi Martin e Zelia Guérin (dei quali è in corso la causa di beatificazione), Teresa nasce il 2/1/1873 ad Alençon. In questa città vive i primi quattro anni della sua esistenza.
Emotiva, volitiva, appassionata della verità, essa appare soprattutto come particolarmente dotata per amare. La sua vita così breve è ricca di gioie e di grazie, ma anche di sofferenze e di prove. Alla fine della vita Teresa dirà:
"Mai avrei creduto che fosse possibile soffrire tanto! mai! mai! Non posso spiegarmelo se non con gli ardenti desideri che ho avuto di salvare anime": QG 30/9; OC 1121.
La sofferenza inizia già a 4 anni con la morte della madre e lo "sradicamento" che comporta il lasciare Alençon per portarsi a Lisieux, vicino allo zio Guérin.
Assetata di tenerezza, Teresa continua ad essere circondata di affetto dal padre e dalle sorelle più grandi, che la educano alla maniera dell'epoca. I suoi primi contatti con l'ambiente esterno non sono molto fortunati ed i suoi timidi tentativi di ricerca d'affetto si rivelano infruttuosi.
Un forte choc affettivo è da lei provato nel 1882 quando la sorella Paolina, la sua "seconda madre", entra al Carmelo di Lisieux. Teresa cade malata, e sarà il sorriso della statua della Vergine a guarirla.
Il giorno della prima Comunione (8/5/1884) è però Gesù stesso a farle sentire il suo amore:
"Fu un bacio d'amore, mi sentivo amata, e perciò dicevo: 'Ti amo, mi dò a te per sempre'[...] Da molto tempo, Gesù e la povera piccola Teresa si erano guardati e si erano capiti... Quel giorno non era più uno sguardo, ma una fusione; non erano più due: Teresa era scomparsa, come la goccia d'acqua che si perde in seno all'oceano": Ms A 35r; OC 129.
La vittoria sulla sua emotività che riporta la notte di Natale 1886, la innalza ad una nuova capacità d'amore e di dono. Dio ha "cambiato il suo cuore" (Ms A 45r; OC 145); il bisogno d'amare supera quello d'essere amata:
"In quella notte di luce cominciò il terzo periodo della mia vita, il più bello di tutti, il più colmo di grazie del Cielo": Ms A 45v; OC 145.
"Da quella notte benedetta, non fui vinta in nessun combattimento; anzi camminai di vittoria in vittoria e cominciai, per così dire, 'una corsa da gigante!...'": Ms A 44v; OC 144.
Teresa inizia ad avvertire il richiamo delle anime:
"Una domenica, guardando una fotografia di Nostro Signore in Croce, fui colpita dal sangue che colava da una delle sue mani Divine: provai un grande dolore pensando che quel sangue cadeva a terra senza che nessuno si desse premura di raccoglierlo, e decisi di tenermi in spirito ai piedi della Croce per ricevere la rugiada Divina che ne sgorgava, comprendendo che avrei dovuto, in seguito, spargerla sulle anime... Anche il grido di Gesù sulla Croce mi riecheggiava continuamente nel cuore: 'Ho sete!'. Queste parole accendevano in me un ardore sconosciuto e vivissimo": Ms A 45v; OC 145-146.
Allora adotta spiritualmente il suo "primo figlio": (Ms A 46v; OC 147), il criminale Pranzini. Il movente che la spinge è chiaro:
"Volevo amare, amare Gesù con passione, dargli mille segni di amore fintanto che potevo": Ms A 47v; OC 149.
I desideri della vita religiosa diventano intanto sempre più imperiosi. A 14 anni, la sera di Pentecoste, nel giardino dei Buissonnets, si confida col padre. Saprà vincere tutte le resistenze e convincere i prudenti ecclesiastici per accedere al Carmelo. Vi entra il 9/4/1888. Lo scopo è chiaro:
"Sono venuta per salvare le anime e soprattutto a pregare per i sacerdoti": Ms A 69v; OC 187.
 
  3. Al Carmelo.
I nomi Il proposito riguardo ai sacerdoti si è precisato nel viaggio in Italia, intrapreso per ricorrere al Papa ed ottenere il permesso di entrare al Carmelo:
"Pregare per i peccatori mi avvinceva, ma pregare per le anime dei sacerdoti, che credevo più pure del cristallo, mi sembrava strano !... Ah, ho capito la mia vocazione in Italia [...] Per un mese ho vissuto con molti santi sacerdoti e ho capito che, se la loro sublime dignità li innalza al di sopra degli angeli, ciò non toglie che siano uomini deboli e fragili [...] Che bella la vocazione che ha per scopo di conservare il sale destinato alle anime! Questa è la vocazione del Carmelo, poiché l'unico fine delle nostre preghiere e dei nostri sacrifici è di essere l'apostola degli apostoli, pregare per loro mentre evangelizzano le anime": Ms A 56r; OC 164-165.
Essa entra al Carmelo "senza alcuna illusione" (cf. Ms A 69v; OC 186); e vi sa portare prove pesanti, in un ambiente austero. Veste l'abito carmelitano il 10/1/1889 ed emette la professione perpetua l'8/9/1890. Appena tre anni dopo è nominata aiutante della maestra delle novizie. Occuperà tale ufficio sino alla morte.
Come per Teresa d'Avila, anche per lei la s. Umanità di Cristo è al cuore di tutta la vita cristiana:
Gesù è "mia sola pace, mio solo gaudio, mio solo Amore": P 36.1: Solo Gesù!; OC 695.
Chiede di potersi chiamare "sr Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo". Ella vivrà particolarmente questi due misteri.
a) l'infanzia: Teresa è affascinata dal Verbo di Dio fatto bambino (cf. Ms A 64r-v; PR 5: Le Divin Petit Mendiant de Noël, per il Natale 1895: OC 851-864) e coltiva lo "spirito dell'infanzia". Scrive M. Agnese:
"Le chiesi che cosa intendeva con 'restare una bambina piccola davanti al buon Dio'. Mi rispose: É riconoscere il proprio nulla, aspettare tutto dal buon Dio, come un bambino piccolo aspetta tutto da suo padre; è non inquietarsi di nulla, non guadagnare ricchezze [...] vuol dire anche non attribuirsi affatto le virtù che si praticano [...] Infine, è non scoraggiarsi affatto delle proprie colpe, perché i bambini cadono spesso, ma sono troppo piccoli per farsi molto male": QG 6.8.8; OC 1060-1061.
Perciò conserva la sua fiducia anche quando si addormenta durante la preghiera:
"Dovrei sentirmi desolata perché dormo (da 7 anni) durante le mie orazioni e i miei ringraziamenti, ebbene, non sono desolata... penso che i bambini piccoli piacciono ai loro genitori quando dormono come quando sono svegli; penso che per fare delle operazioni, i medici addormentano i malati. Infine penso che: 'il Signore vede la nostra fragilità, e si ricorda che noi siamo solo polvere'[Sal 102 (103),14]": Ms A 75v-76r; OC 196.
Il bambino nelle braccia del padre è l'immagine dell'abbandono in Dio:
"La mia via è una via tutta di fiducia e d'amore; io non capisco le anime che hanno paura di un così tenero Amico. Talvolta, quando leggo certi trattati spirituali, nei quali la perfezione è presentata attraverso mille ostacoli, circondata da una folla di illusioni, il mio povero spirito si stanca molto presto; chiudo il dotto libro, che mi rompe la testa e mi inaridisce il cuore, e prendo la Sacra Scrittura. Allora tutto mi appare luminoso: una sola parola svela alla mia anima orizzonti infiniti; la perfezione mi appare facile; vedo che basta riconoscere il proprio niente e abbandonarsi come un bambino nelle braccia del buon Dio": LT 226, 1v-2r, a P. Roulland, 9/5/1897; OC 573.
Sentirsi piccoli, bisognosi di aiuto, di perdono, di grazia: è con questo messaggio che Teresa guarisce la Chiesa del suo tempo dagli ultimi sintomi di giansenismo. Non si ottiene l'impegno degli uomini solo insegnando loro a temere la severa giustizia di Dio, ma provocando piuttosto lo stupore di sentirsi amati al di là di ogni merito.
b) Teresa coltiva anche la memoria della passione, richiamata in modo speciale dal S. Volto (cf. Pr 12.16; OC 947-950 e Il mio Cielo quaggiù, cantico al S. Volto: P 20; OC 662-663).
"Guarda il suo Volto adorabile! Guarda quegli occhi spenti e abbassati! Guarda quelle piaghe! Guarda Gesù nel suo Volto e lì vedrai come ci ama": LT 87 a Celina, 4/4/1889; OC 379.
Si tratta di un amore che conduce ad amare e soffrire:
"La Santità non consiste nel dire cose belle, non consiste neppure nel pensarle o nel sentirle! La santità consiste nel soffrire e nel soffrire di tutto. 'La Santità! bisogna conquistarla con la spada sguainata, bisogna soffrire, bisogna agonizzare!' [cit. del P. Pichon]": LT 89, 2v, a Celina, 26/4/1889; OC 381.
"Il merito non consiste nel fare né nel donare molto, ma piuttosto nel ricevere, nell'amare molto! [...] Lasciamogli [a Gesù] prendere e dare tutto quel che vorrà: la perfezione consiste nel fare la sua volontà": LT 142 a Celina, 6/7/1893; OC 451.
L'amore conduce sino a morire come Lui:
"Nostro Signore è morto sulla Croce, nelle angosce, ed ecco, tuttavia, la più bella morte d'amore [...] Morire d'amore non è morire fra i trasporti. Glielo confesso francamente, credo che sia ciò che provo": QG 4.7.2; OC 1001.
E con lui "tutto è grazia":
"Se una mattina mi trovaste morta, non addoloratevi: è che Papà il buon Dio è venuto molto semplicemente a prendermi. Senza dubbio è una grande grazia ricevere i Sacramenti; ma quando il buon Dio non lo permette, va bene lo stesso, tutto è grazia": QG 5.6.4; OC 987.
 
  4. Luce e tenebre
Nella vita di Teresa non c'è niente di straordinario in apparenza, se non un modo di compiere alla perfezione l'ordinario. E tuttavia nei suoi scritti si trovano esperienze altissime.
Due anni prima della sua morte, il 9/6/1895, si offre all'Amore misericordioso:
"Quest'anno il 9 giugno, festa della Santissima Trinità, ho ricevuto la grazia di capire più che mai quanto Gesù desideri essere amato. Pensavo alle anime che si offrono come vittime alla Giustizia di Dio allo scopo di stornare e di attirare su di sé i castighi riservati ai colpevoli [...] 'O mio Dio! esclamai in fondo al cuore, ci sarà solo la tua Giustizia a ricevere anime che si immolano come vittime? Il tuo Amore Misericordioso non ne ha bisogno anche lui?'": Ms A 84r; OC 209-210.
In seguito all'offerta "fiumi o meglio... oceani di grazie" vengono ad inondare la sua anima:
"Da quel giorno felice, mi sembra che l'Amore mi penetri e mi circondi, mi sembra che ad ogni istante questo Amore Misericordioso mi rinnovi, purifichi la mia anima e non vi lasci nessuna traccia di peccato": Ms A 84r; OC 210.
Eccola pronta ad avvicinarsi ai peccatori e a condividere, in certo modo, la loro condizione. Infatti a Pasqua del 1896 la sua fede, così luminosa sino a quel momento, sembra entrare nel dubbio e nella notte, portando la grande incredulità del suo tempo. Nello stesso tempo si manifesta la tubercolosi.
"Gesù mi ha fatto sentire che ci sono veramente delle anime che non hanno la fede [...] Permise che la mia anima fosse invasa dalle tenebre più fitte [...] Bisogna aver viaggiato dentro questo cupo tunnel per capirne l'oscurità [...]
Non è più un velo per me, è un muro che si alza fino ai cieli e copre il firmamento stellato!... Quando canto la felicità del Cielo, il possesso eterno di Dio, non provo alcuna gioia, perché canto semplicemente ciò che voglio credere": Ms C 5v; 7v; OC 238-239. 241. In questa "notte della fede", Teresa è però convinta che Dio le ha inviato la prova solo nel momento in cui lei aveva la capacità di accettarla:
[Il Signore] "mi ha mandato questa prova solo nel momento in cui ho avuto la forza di sopportarla; se l'avessi avuta prima, credo davvero che mi avrebbe gettata nello scoraggiamento... Ora essa toglie tutto ciò che avrebbe potuto esserci di soddisfazione naturale nel desiderio che avevo del Cielo... Madre amata, adesso mi sembra che niente mi impedisca di prendere il volo, perché non ho più grandi desideri se non quello di amare fino a morire di amore... (9 Giugno)": Ms C 7v; OC 241.
Attraverso la "notte spirituale", la distruzione del suo essere fisico, essa raggiunge la sua statura definitiva.
In qualche momento tuttavia il velo si squarcia.
 
  5. Nel cuore della Chiesa
Nel corso di un ritiro nel settembre 1896, Teresa riceve una risposta ai desideri apostolici che la tormentano. Sin dall'infanzia lei "sceglie tutto" (cf. Ms A 10r; OC 91); in monastero riconferma:
"Mio Dio, scelgo tutto. Non voglio essere una santa a metà; non mi fa paura soffrire per voi, non temo che una cosa: conservare la mia volontà. Prendila, perché 'scelgo tutto' quello che vuoi tu!...": Ms A 10v; OC 91. Nel Ms B presenta i suoi desideri, le sue "speranze che si dilatano all'infinito" (Ms B 2v; OC 221), le diverse vocazioni che sente: guerriero, prete, apostolo, martire, missionario:
"Vorrei essere missionaria non solo per qualche anno, ma vorrei esserlo stata dalla creazione del mondo ed esserlo fino alla consumazione dei secoli": Ms B 3r; OC 222.
La risposta a questi desideri, che le facevano soffrire un "vero e proprio martirio" (ib.), giunge dalla Scrittura: 1Cor 12-13 la illumina e sulle diverse vocazioni e sulla carità come "via eccellente che conduce sicuramente a Dio" (Ms B 3v; OC 223).
"Capii che se la Chiesa aveva un corpo, composto da diverse membra, il più necessario, il più nobile di tutti non le mancava: capii che la Chiesa aveva un Cuore e che questo Cuore era acceso d'Amore. Capii che solo l'Amore faceva agire le membra della Chiesa: che se l'Amore si dovesse spegnere, gli Apostoli non annuncerebbero più il Vangelo, i Martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue... Capii che l'Amore racchiudeva tutte le Vocazioni, che l'Amore era tutto, che abbracciava tutti i tempi e tutti i luoghi!... Insomma che è Eterno!...
Allora, nell'eccesso della mia gioia delirante ho esclamato: O Gesù mio Amore... la mia vocazione l'ho trovata finalmente! La mia vocazione è l'Amore!": Ms B, 3v; OC 223 (cit. parz. in C 826).
Riconoscerà: "Non gli [al buon Dio] ho mai dato che amore, allora lui mi rende amore, e non è finita, presto me ne renderà ancora di più" (QG 22.7.1; OC 1031-1032).
 
  6. Missione universale
L'"adozione" come fratelli spirituali di due missionari (1895: il seminarista Maurice Bellière, che entrerà tra i Padri Bianchi; 1896: p. Adolphe Roulland delle Missioni Estere che partirà per la Cina) la colma di gioia, perché essa pensa che "lo zelo di una carmelitana deve incendiare il mondo" (Ms C 33v; OC 274: citazione da un libro assai diffuso allora nei Carmeli).
Tra le sue "vocazioni", Teresa, come visto, sente quella dell'Apostolo, del missionario:
"Vorrei percorrere la terra, predicare il tuo nome e piantare sul suolo infedele la tua Croce gloriosa! Ma, o mio Amato, una sola missione non mi basterebbe: vorrei al tempo stesso annunciare il Vangelo nelle cinque parti del mondo e fino nelle isole più lontane... Vorrei essere missionaria non solo per qualche anno, ma vorrei esserlo stata dalla creazione del mondo ed esserlo fino alla consumazione dei secoli": Ms B 3r; OC 222.
Desidera esser inviata nei Carmeli in missione, pur consapevole di ciò che veramente conta:
"Vorrei sì andare ad Hanoi [al Carmelo fondato nel 1895], per soffrire molto per il buon Dio. Vorrei andarci per essere proprio sola, per non avere alcuna consolazione sulla terra": QG 15.5.6; OC 976.
Nella malattia, come abbiamo notato, sente imminente la sua "missione":
"Sento che sto per entrare nel riposo... Ma sento soprattutto che la mia missione sta per cominciare, la mia missione di far amare il buon Dio come io lo amo, di dare la mia piccola via alle anime. Se il buon Dio esaudisce i miei desideri, il mio Cielo trascorrerà sulla terra sino alla fine del mondo. Sì, voglio passare il mio Cielo a fare del bene sulla terra [...] Non posso riposarmi finché ci saranno anime da salvare": QG 17.7; OC 1028.
 
  7. La "piccola via"
Teresa desidera mostrare una via "semplice" a Dio. Il quadernetto che Celina aveva portato con sé nell'entrare al Carmelo nel 1894 e che contiene un piccolo florilegio di pagine dell'AT, la aiuta nella sua ricerca. Il desiderio di essere santa si era sino allora scontrato con la differenza che lei rilevava tra i santi e se stessa. Tuttavia
"Invece di scoraggiarmi, mi sono detta: il Buon Dio non potrebbe ispirare desideri irrealizzabili; quindi, nonostante la mia piccolezza, posso aspirare alla santità. Farmi diversa da quel che sono, più grande, mi è impossibile: mi devo sopportare per quello che sono con tutte le mie imperfezioni; ma voglio cercare il modo di andare in Cielo per una piccola via bella dritta, molto corta, una piccola via tutta nuova": Ms C 2v; OC 235.
La sua "piccola via" sarà via d'infanzia, di fiducia e dedizione completa in Dio che, come un ascensore, solleva a sé:
"Siamo in un secolo di invenzioni: oggi non vale più la pena di salire i gradini di una scala: nelle case dei ricchi un ascensore la sostituisce vantaggiosamente. Vorrei trovare anch'io un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione": Ms C 2v-3r; OC 235.
Teresa trova nella Scrittura la risposta liberatrice:
"Ho cercato nei libri santi l'indicazione dell'ascensore, oggetto del mio desiderio; e ho letto queste parole uscite dalla bocca della Sapienza Eterna: Se qualcuno è molto piccolo, venga a me [Pr 9,4; cf. Ms B 1r; OC 218. Vers. CEI: 'Chi è inesperto accorra qui'] [...] ho continuato le mie ricerche ed ecco quello che ho trovato: 'Come una madre accarezza il figlio, così io vi consolerò: vi porterò in braccio e vi cullerò sulle mie ginocchia!' [Is 66,13.12]": Ms C 3r; OC 235-236.
Allora può concludere:
"L'ascensore che mi deve innalzare fino al Cielo sono le tue braccia, o Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, anzi bisogna che io resti piccola, che lo diventi sempre più": Ms C 3r; OC 236.
 
  8. Preghiera
"Siccome le chiedevo se qualche volta smarrisse la presenza di Dio, molto semplicemente mi rispose: 'No di certo! credo di non aver mai trascorso tre minuti senza pensare al buon Dio'. Le significai la mia sorpresa che una tale applicazione fosse possibile. Ed essa mi rispose: 'Si pensa naturalmente alla persona che si ama'": CeR 90; tr. mia.
Questo ricordo di Sr Genoveffa (Celina) mostra un aspetto caratteristico della preghiera di Teresa: essa era continua. Sempre Celina attesta:
"Un giorno entrai nella cella della nostra cara sorellina, e rimasi colpita dalla sua espressione di grande raccoglimento. Cuciva con alacrità e nello stesso tempo sembrava immersa in una profonda contemplazione; le domandai: 'A cosa pensate? - Medito il Pater, mi rispose. É così dolce chiamare il buon Dio nostro Padre!...' E delle lacrime brillarono nei suoi occhi": CeR 94-95; tr. mia.
"Un giorno che la Comunità era occupata nelle pulizie quando suonò l'ora della preghiera e che occorreva continuare il lavoro, suor Teresa, che mi osservava lavorare con ardore, mi domandò: 'Cosa fate? - Lavo, risposi io. - Va bene, riprese lei, ma dovete pregare interiormente: è il tempo del buon Dio, e non bisogna prenderglielo": CeR 89; tr. mia.
Teresa fa uso di testi: ancora bambina legge assiduamente l'Imitazione di Cristo, le conferenze dell'abbé Arminjon, ma soprattutto è attirata dalla Scrittura, così da affermare:
"Se fossi stata sacerdote... avrei studiato l'ebraico e il greco per poter leggere la parola di Dio quale Egli si degnò di esprimerla nel linguaggio umano": CeR 93-94; tr. mia.
É il Vangelo che la sostiene, viste le sue grandi difficoltà circa la meditazione:
"Più avanti tutti i libri mi lasciarono nell'aridità e sono ancora in questo stato. Se apro un libro composto da un autore spirituale (anche il più bello, il più commovente), mi sento subito serrarsi il cuore e leggo per così dire senza capire, o se capisco, il mio spirito si ferma senza riuscire a meditare. In questa impotenza la Sacra Scrittura e l'Imitazione mi vengono in aiuto: in esse trovo un cibo solido e tutto puro. Ma è soprattutto il Vangelo che mi intrattiene durante le orazioni, in esso trovo tutto ciò che è necessario alla mia povera piccola anima. Vi scopro sempre nuove luci, significati nascosti e misteriosi": Ms A 83r-v; OC 208-209 (parz. cit. in C 127).
Tra le ultime righe del Ms C scrive: "Appena getto lo sguardo nel Santo Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da che parte correre..." (Ms C 36 v; OC 278).
Per tutta la vita Teresa conserva una concezione semplice e profonda della preghiera, senza un metodo in senso stretto: "Alle anime semplici non servono mezzi complicati" (Ms C 33v; OC 275).
"Per essere esaudite non è affatto necessario leggere in un libro una bella formula composta per la circostanza [...] A parte l'Ufficio Divino, [...] non ho il coraggio di mettermi a cercare nei libri belle preghiere: mi viene il mal di testa, ce ne sono tante... e poi sono tutte una più bella dell'altra!... Non riuscirei a recitarle tutte e, non sapendo quale scegliere, faccio come i bambini che non sanno leggere: dico molto semplicemente al Buon Dio ciò che voglio dirgli, senza fare belle frasi, e mi capisce sempre!...
Per me, la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo lanciato verso il Cielo, è un grido di riconoscenza e di amore nella prova come nella gioia; insomma è qualcosa di grande, di soprannaturale, che mi dilata l'anima e mi unisce a Gesù" (Ms C 25r-v; OC 263; parz. cit. in C 2558).
Il suo è un colloquio spontaneo e personale:
"Prega molto il Sacro Cuore. Tu lo sai: io non guardo al Sacro Cuore come tutti; penso che il cuore del mio sposo è solo mio, così come il mio appartiene solo a lui, e allora nella solitudine gli parlo di questo delizioso cuore a cuore, aspettando di contemplarlo un giorno a faccia a faccia!": LT 122, a Celina, 14/10/1890; OC 421.
Nulla togliendo alla preghiera comune:
"Amo tanto le preghiere comuni, perché Gesù ha promesso di essere presente in mezzo a coloro che si riuniscono nel suo nome: allora sento che il fervore delle sorelle supplisce al mio": Ms C 25v; OC 264.
La preghiera è potente:
"Uno scienziato ha detto: 'Datemi una leva, un punto d'appoggio, e solleverò il mondo'. Quello che Archimede non ha potuto ottenere perché la sua richiesta non era rivolta a Dio ed era espressa solo dal punto di vista materiale, i Santi l'hanno ottenuto in tutta la sua pienezza. L'Onnipotente ha dato loro come punto d'appoggio: Se stesso, e Sé Solo. Come leva: l'orazione, che infiamma di un fuoco d'amore, ed è così che essi hanno sollevato il mondo": Ms C, 36r-v; OC 278.
Ma non è sempre facile:
"Non mi stupisco in alcun modo che la pratica della familiarità con Gesù le sembri un po' difficile da realizzare. Non ci si può arrivare in un giorno, ma sono sicura che io l'aiuterò molto più a camminare per questa via deliziosa quando sarò liberata dal mio involucro mortale, e presto, come S. Agostino, lei dirà: 'L'amore è il peso che mi trascina' [Conf. 13,9]": LT 258 2r, al rev. Maurice Bellière, 18/7/1897; OC 598.
La preghiera consiste nell'amore. Testimonia Celina che, durante la sua ultima malattia
"Una volta trovai la mia cara piccola sorella, con le mani giunte e gli occhi rivolti al cielo:
'Che fate dunque così - le dissi - bisognerebbe cercare di dormire!
- Non posso, soffro troppo, allora prego...
- E che cosa dite a Gesù?
- Non gli dico niente, lo amo!": CeR 214, tr. mia.
 
  9. Con Maria
Teresa vede Maria come persona reale, più Madre che Regina:
"Quanto avrei desiderato essere sacerdote per predicare sulla Santa Vergine! [...] Bisogna che veda la sua vita reale, non supposizioni sulla sua vita; e sono sicura che la sua vita reale doveva essere semplicissima [...] Bisognerebbe mostrarla imitabile, fare risaltare le sue virtù, dire che viveva di fede come noi [... Ella] è più Madre che Regina": QG 21.8.3; OC 1080.
Nella poesia Perché t'amo, Maria, del maggio 1897 (P 54; OC 721-727), Teresa in 25 strofe percorre la "vita reale" di Maria, secondo la cronologia dei Vangeli:
"Madre, il tuo dolce Figlio vuole che tu sia l'esempio
Dell'anima che lo cerca nella notte della fede": P 54, 15; OC 725; tr. mia.
Nell'ultima strofa, Teresa evoca la propria storia:
"Tu che mi hai sorriso all'alba della mia vita
Vieni a sorridermi ancora... Madre... ecco la sera! [...]
Con te io ho sofferto ed ora sulle tue ginocchia
Voglio cantare, Maria, perché io ti amo
E ridire per sempre che io sono tua figlia!...": P 54, 25; OC 727; tr. mia.
É certa che Maria comprende le difficoltà dei figli, anche nella preghiera a lei rivolta:
"Da sola (ho vergogna a confessarlo) la recita del rosario mi costa più che mettermi uno strumento di penitenza!... Mi accorgo che lo dico così male! Per quanto mi sforzi di meditare i misteri del rosario, non riesco a fissare l'attenzione... Per molto tempo mi sono afflitta per questa mancanza di devozione che mi stupiva, perché amo tanto la Vergine Santa che mi dovrebbe essere facile fare in suo onore delle preghiere che le sono gradite. Adesso mi affliggo di meno: penso che, poiché la Regina dei Cieli è mia Madre, deve vedere la mia buona volontà e se ne accontenta": Ms C 25v; OC 264 ad.
 
  10. A mani vuote
Teresa attesta che con la guida di Gesù si ricevono gli aiuti necessari:
"Capisco e so per esperienza 'che il regno di Dio è dentro di noi' [cf. Lc 17,21]. Gesù non ha affatto bisogno di libri né di dottori per istruire le anime; Lui, il Dottore dei dottori, insegna senza rumore di parole... Non l'ho mai udito parlare, ma sento che Lui è in me, in ogni momento, Lui mi guida, mi ispira quello che devo dire o fare. Scopro, proprio nel momento in cui ne ho bisogno, delle luci che non avevo ancora visto: il più delle volte non è durante le mie orazioni che sono più abbondanti, ma piuttosto tra le occupazioni della mia giornata": Ms A 83v; OC 209 ad.
Il cammino allora diventa facile:
"Com'è facile piacere a Gesù, conquistare il suo cuore! Non c'è che da amarlo senza guardare a se stessi, senza troppo esaminare i propri difetti [...] Gesù le insegna [a Teresa...] a giocare alla banca dell'amore, o piuttosto no, è Lui che gioca per lei, senza dirle come fa [...]; ciò che riguarda lei è abbandonarsi, donarsi senza riservarsi nulla, neppure la soddisfazione di sapere quanto la banca le renda [...]
I direttori fanno camminare per la strada della perfezione facendo fare un gran numero di atti di virtù e hanno ragione; ma il mio direttore, che è Gesù, non m'insegna a contare i miei atti: Egli m'insegna a fare tutto per amore, a non rifiutargli nulla, a essere contenta quando mi dona un'occasione di provargli che l'amo; ma questo avviene nella pace, nell'abbandono. É Gesù che fa tutto e io non faccio nulla": LT 142, 1v-2v, a Celina, 6/7/1893; OC 451-452 ad.
Senza preoccupazioni di meriti:
"Dopo l'esilio della terra, spero di venire a goderti nella Patria; ma non voglio ammassare meriti per il Cielo, voglio lavorare per il tuo solo Amore, con l'unico scopo di farti piacere, di consolare il tuo Sacro Cuore e di salvare anime che ti ameranno eternamente.
Alla sera di questa vita, comparirò davanti a te a mani vuote, perché non ti chiedo, Signore, di contare le mie opere. Tutte le nostre giustizie hanno macchie ai tuoi occhi. Voglio dunque rivestirmi della tua propria Giustizia e ricevere dal tuo Amore il possesso eterno di Te stesso" (Atto di offerta all'Amore misericordioso...: Pr 6; OC 942-943 ad.; parz. cit. in C 2011).
 
  11. Una rosa sfogliata
A conclusione del Ms C Teresa scrive: "Poiché Gesù è risalito al Cielo, io posso seguirlo solo seguendo le tracce che ha lasciato, ma come sono luminose queste tracce, come sono profumate! Appena getto lo sguardo nel Santo Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da che parte correre...
Non è al primo posto, ma all'ultimo che mi slancio, invece di farmi avanti con il fariseo, ripeto, piena di fiducia, l'umile preghiera del pubblicano, ma soprattutto imito il comportamento della Maddalena, la sua audacia stupefacente, o meglio amorosa, che affascina il Cuore di Gesù, seduce il mio.
Sì, lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi fra le braccia di Gesù, perché so quanto ami il figliol prodigo che ritorna a Lui. Non è perché il buon Dio, nella sua misericordia preveniente, ha preservato la mia anima dal peccato mortale, che io m'innalzo a Lui con la fiducia e l'amore" (Ms C, 36v-37r; OC 278-279).
Teresa ha espresso in una poesia il suo desiderio di essere come una rosa sfogliata, sui cui petali Gesù possa camminare:
"Una rosa sfogliata si dona senza pretese per non essere più [...]
Si cammina senza rimpianto su petali di rosa
e questi residui sono un semplice ornamento che si dispone senza arte.
Io l'ho capito...": P 51,3.4; OC 717; tr. mia.
La carmelitana di Parigi che l'ha richiesta trova la poesia bella, ma incompiuta: manca una strofa conclusiva, in modo da presentare Dio che raccoglie i petali sfogliati per formare una rosa che brilli per l'eternità. Per Teresa "amare è dare tutto e donar se stessi" (P 54,22; OC 726), senza speranza di contraccambio. Perciò risponde "che la buona Madre componga lei stessa questa strofa secondo la sua idea, da parte mia non sono per niente ispirata a farlo. Il mio desiderio è di essere sfogliata per sempre, per rallegrare il buon Dio. Punto e basta!..." (biglietto di sr Maria della Trinità a M. Agnese, 17/1/1935; OC 1168).
Questo è in sintonia con ciò che anche altrove Teresa esprime:
"La mia vita non è che un attimo, un'ora passeggera./ La mia vita è solo un giorno che svanisce e fugge.
O mio Dio, tu sai che per amarti sulla terra/ non ho che oggi!...": Il mio Canto per Oggi; P 5,1; OC 626 ad. "Guardiamo la vita sotto la sua vera luce: è un istante tra due eternità": LT 87 a Celina, 4/4/1889; OC 378.
 
  S. THÉRÈSE de l'Enfant-Jésus et de la Sainte-Face, Oeuvres complètes (Textes et Dernières Paroles), Cerf-DDB, Paris 1996.
S. TERESA DI GESÙ B. E DEL VOLTO S., Opere complete. Scritti e ultime parole, LEV-OCD, Città del Vaticano-Roma 1997 (= OC).
TERESA DI LISIEUX, Consigli e ricordi, Città Nuova, Roma 1973 (= CeR).
 
     
  AA.VV., Nel dramma dell'incredulità con Teresa di Lisieux, Ancora, Milano 1997.
BALTHASAR H.U. von, Sorelle nello spirito. Teresa di Lisieux e Elisabetta di Digione, Jaca Book, Milano 1991, 3 ed.
GAUCHER G., Teresa Martin dopo la lettura critica dei suoi scritti, Paoline, Milano 1987, 2 ed. (= G).
GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Divini amoris scientia, 19/10/1997: EV 16/1256-1287.
SICARI A., La teologia di santa Teresa di Lisieux dottore della Chiesa, OCD-Jaca Book, Morena (RM)-Milano 1997.
SION V., Cammino di preghiera con Teresa di Lisieux, Morcelliana, Brescia 1985.
 
  Charles de Foucauld: 15/9/1858 - 1/12/1916 - beat. 13/11/2005  
     
  1. Cenni biografici 15/9/1858:
Charles-Eugène de Foucauld nasce a Strasburgo.
A 16 anni perde la fede e rimane in tale stato di indifferenza più di 12 anni.
1876 - Entra all'accademia militare di Saint-Cyr, ma non studia molto. Preferisce darsi ai piaceri ed organizzare ricevimenti. Diventato maggiorenne, dilapida l'eredità. Partecipa ad una spedizione militare in Algeria, dove combatte con impegno e con coraggio sorprendenti.
1882 - Si ritira dall'esercito per dedicarsi all'esplorazione del Marocco. Il contatto con la solitudine del deserto e con la religione musulmana lo colpisce profondamente.
1886 - Alla fine di ottobre ritorna in Francia. Avviene la sua conversione, favorita dall'esempio e dagli insegnamenti della cugina Marie de Bondy, che gli comunica l'amore all'Eucaristia ed al S. Cuore; e dall'abbé Henri Huvelin, che diviene suo direttore spirituale. Capisce che deve donarsi tutto a Dio e si mette alla ricerca della strada da seguire:
"Appena credetti che c'era un Dio, compresi che non potevo fare altrimenti che vivere solo per Lui: la mia vocazione religiosa risale allo stesso momento della mia fede": A Henri de Castries, 14/8/1901; OS 623.
Ma una conversione profonda richiede tempo, specialmente per un temperamento focoso come quello di Charles. I trent'anni, dal giorno della conversione sino alla morte, saranno caratterizzati da svolte improvvise, progetti falliti, incontri imprevisti.
Vuole entrare in un ordine religioso il più rigoroso possibile.
1888 - In dicembre compie un pellegrinaggio in Terra Santa, che lo conferma nel proposito di vivere imitando Gesù nella sua povertà.
15/1/1890 - Entra nella trappa di Notre-Dame-des-Neiges, nell'Ardèche ed assume il nome di fratel Maria Alberico. Nel giugno parte per il monastero più povero dell'Ordine: la trappa di Notre-Dame-du-Sacré-Coeur ad Akbès in Siria. Lì vive sei anni ma, nonostante la condizione di vita molto austera, desidera un maggiore spogliamento.
"Sono stato mandato a pregare un poco accanto a un povero operaio, indigeno cattolico, morto nella frazione vicina: quale differenza tra questa casa e le nostre abitazioni! Io agogno Nazareth": A M. de Bondy, 10/4/1894; OS 28.
1897 - Dispensato dai voti, si reca in Terra Santa e si mette al servizio delle clarisse di Nazaret. Vagheggia persino l'acquisto del monte delle Beatitudini e di stabilirvisi come sacerdote-eremita. Dopo la sua conversione, è la seconda grande svolta della sua vita: è il punto di rottura con la vita religiosa classica, alla ricerca della più esatta imitazione della vita nascosta di Gesù, "il modello unico".
9/6/1901 - É ordinato sacerdote a Viviers. Durante i mesi di preparazione al sacerdozio, il progetto di Charles matura ulteriormente: la vita di Nazaret, ma non più in Terra Santa, bensì in Marocco, là dove Gesù non è conosciuto.
Si stabilisce a Beni-Abbès, un'oasi ai confini del Marocco, nella speranza di poter entrare presto nel paese, che per ora gli è sbarrato. Tre mesi dopo l'arrivo scrive alla cugina:
"Io voglio abituare tutti gli abitanti cristiani, musulmani, ebrei e idolatri a considerarmi come loro fratello, il fratello universale. Essi cominciano a chiamare la casa 'la Fraternità', e ciò mi è dolce": A M. de Bondy, 7/1/1902; OS 35.
La vita contemplativa è inserita nell'esperienza del deserto:
"Al di là di questo quadro fresco e riposante, ci sono gli orizzonti immensi... che si perdono in questo bel cielo azzurro del Sahara che fa pensare all'infinito e a Dio - che è più grande - Allah akbar": A Henri de Castries, 20/11/1901; S 30, n. 96.
Si dirige a Sud, nelle zone dell'Hoggar, la patria dei tuareg, che ancora non conoscono il Vangelo.
1905- A Tamanrasset fonda un eremitaggio analogo a quello di Beni-Abbès, dove trascorrerà sostanzialmente gli ultimi 11 anni di vita.
Si dedica allo studio della lingua tuareg ed elabora perfino un Dizionario tuareg-francese. Si interessa pure a possibili progetti per uno sviluppo di quelle zone del Sahara.
Cerca di attirare cristiani convinti, disposti a condurre nel Sahara una vita semplice secondo il Vangelo. Ma resta solo fino alla morte. I suoi piani di fondazione di una comunità religiosa falliscono. Più volte (1909, 1911, 1913) si reca in Francia per trovare compagni, ma invano.
Frattanto nell'Hoggar, sull'Assekrem, a 2700 m., fonda un nuovo eremitaggio. Charles fa la spola fra l'Assekrem e Tamanrasset che, per proteggere i poveri, ha trasformato in una piccola fortezza. La situazione infatti è incerta e bande di predatori si aggirano nei dintorni.
A Nazaret il 6/6/1897 aveva scritto:
"Pensa che devi morire martire, spogliato di tutto, disteso a terra... violentemente e dolorosamente ucciso... e desidera che questo accada oggi!... Perché io ti faccia questa grazia infinita, sii fedele nel vegliare e nel portare la croce": OS 43.
Venerdì 1/12/1916, all'imbrunire, l'eremitaggio viene circondato da un gruppo di predoni. Un traditore chiama all'esterno Charles che, catturato, è tenuto a bada da un ragazzo, mentre gli altri compiono il saccheggio. All'arrivo di due meharisti, il ragazzo si spaventa e spara. Charles muore all'istante.
"Se i discepoli di Gesù potessero scoraggiarsi, quale causa di scoraggiamento avrebbero avuto i cristiani di Roma, la sera del martirio di san Pietro e di san Paolo! Ho pensato spesso a quella sera: che tristezza, e come tutto sarebbe sembrato annientato se non ci fosse stata, nei cuori, la fede che c'era! Ci saranno sempre lotte, e sempre il trionfo reale della Croce nella disfatta apparente": A Mons. Guérin, 29/6/1909; OS 45.
 
  2. Scritti
Charles ha scritto molto: i suoi testi occupano l'equivalente di circa 15.000 pagine dattiloscritte. Ad eccezione delle Costituzioni per l'Associazione dei Fratelli e delle Sorelle del S. Cuore di Gesù, non erano destinati alla stampa. L'ed. Nouvelle Cité di Parigi si è impegnata nell'edizione integrale degli scritti di Charles dal 1977.
Gli scritti spirituali possono dividersi in tre gruppi:
a. Progetti di fondazione di una società religiosa;
b. Numerose lettere;
c. Meditazioni, generalmente su testi del Vangelo, e considerazioni sulle feste liturgiche, note di ritiro e di pensieri diversi. Circa 3/4 dei suoi scritti provengono dal periodo di Nazaret.
Per ovviare all'aridità della sua preghiera, dietro consiglio dell'abbé Huvelin, dal marzo 1897 incomincia a scrivere le sue meditazioni, utilizzando spesso quaderni di scuola.
In una serie di quaderni, Letture del santo Vangelo, Charles segue uno schema tripartito:
1. Ascolta ciò che Gesù ha detto. 2. Come ha vissuto di persona la sua parola? 3. Che cosa devo fare io?
Altri scritti riportano solo testi del Vangelo, raggruppati secondo diversi argomenti (virtù; momenti della vita di Gesù). Due "ritratti" di Gesù sono offerti da Il modello unico e Il nostro tenero Salvatore.
Dopo l'ordinazione sacerdotale, Charles scrive molto meno. A Beni-Abbès e Tamanrasset è più occupato da visite e contatti con la popolazione. Negli ultimi dieci anni di vita studia particolarmente la lingua dei tuareg. Scrive Il Vangelo presentato ai poveri del Sahara e numerose Lettere, mentre le note del diario diventano via via più sobrie.
 
 

3. Messaggio
Sebbene Charles non si sia mai presentato come maestro spirituale, tuttavia nella sua copiosa corrispondenza, nelle meditazioni e nei progetti di fondazione, egli offre degli orientamenti che, studiati e sintetizzati, formano una dottrina spirituale. Una dottrina la cui originalità consiste nel risalire, al di là ed al di sopra di tutte le forme di spiritualità temporaneamente attraversate, alla sorgente primaria: la vita secondo il Vangelo. É costante il suo richiamo al Vangelo:
"Accettiamo il Vangelo, è per mezzo del Vangelo, secondo il Vangelo che saremo giudicati... Non secondo questo o quel libro di questo o quel maestro spirituale, di questo o quel dottore, di questo o quel santo, ma secondo il Vangelo di Gesù, secondo le parole di Gesù, gli esempi di Gesù, i consigli di Gesù, gli insegnamenti di Gesù... Seguiamo dunque gli insegnamenti di Gesù, i consigli, le parole, gli esempi di Gesù": MSE 478e; OS 85.
É questo suo continuo rimando al Vangelo che spiega l'accoglienza del suo messaggio, come quello di s. Teresa di Gesù Bambino, da parte di una generazione preoccupata di rifiutare tutto ciò che mostra un'apparenza di artificiale o di sistematico per ritrovare la semplicità del Vangelo.
Stimolato da numerosi maestri spirituali, ma soprattutto da una meditazione costante del testo stesso del Vangelo instancabilmente ripreso, P. de Foucauld ha vissuto i valori evangelici con forte novità ed intensità:
"Torniamo al Vangelo: se non viviamo il Vangelo, Gesù non vive in noi. Torniamo alla povertà, alla semplicità cristiana [...] Tornare al Vangelo è il rimedio: è ciò di cui tutti abbiamo bisogno": A Mons. Caron, 30/6/1909; OS 698.
Possiamo individuare tre caratteristiche essenziali del suo messaggio:

1. Imitazione di Cristo - "La tua regola. Seguire Me. Fare ciò che farei Io. In ogni cosa chiediti: 'Che cosa avrebbe fatto Nostro Signore?' e fallo. É la tua sola regola, ma è la tua regola assoluta": OS 300.
Seguire Cristo "che ha preso l'ultimo posto". Per Charles sono determinanti le parole di don Huvelin ascoltate nel corso di una predica:
"Gesù ha talmente preso l'ultimo posto che nessuno ha mai potuto toglierglielo": B 97.
L'imitazione è condivisione col Beneamato:
"Condividere tutta la vita del Cristo, la sua povertà, la sua abiezione, le sue persecuzioni, le sue fatiche, avere una vita esteriore in tutto simile alla sua; e nel medesimo tempo, sforzarsi continuamente di rendere la propria anima il più conforme possibile alla sua santissima anima, in modo da non formare che un cuore ed un'anima sola col nostro beneamato Gesù": SEE 190, Lc 9,23, SS 7,76-77; B 105.
"Più noi abbracciamo la CROCE/ più stringiamo strettamente/ GESÙ/ che vi è attaccato.
Quanto più tutto ci manca sulla terra/ tanto più noi troviamo/ ciò che può darci di meglio la terra:/ la CROCE.
Vivere come se io dovessi morire oggi MARTIRE: Diario 1901-1905; OS 311.
Del resto,
"la misura dell'imitazione è quella dell'amore. 'Se uno Mi vuole servire, Mi segua', 'Vi ho dato l'esempio affinché come v'ho fatto Io, facciate anche voi', 'Il discepolo non è da più del Maestro, ma è perfetto se è simile al suo Maestro": Direttorio dell'Unione dei Fratelli e Sorelle del S. Cuore art. I; OS 452.
Questo in un lavoro di spoliazione che non conduce però ad un ritiro dal mondo, ma al contrario ad un inserimento deliberato nelle condizioni più difficili (i lavoratori agricoli dei dintorni della trappa di Akbès; poi i beduini del Sahara...).
Vivendo la propria vocazione che non è scelta, ma accettata:
"Non sono gli uomini che devono 'scegliere' la propria vocazione; siccome la vocazione è una 'chiamata', le parole 'scegliere la propria vocazione' sono un non-senso. Non si sceglie la propria vocazione, la si accetta, e si deve cercare di conoscerla, porgere l'orecchio alla voce di Dio, spiare i segni della sua volontà [...] e, una volta conosciuta la volontà di Dio, bisogna farla": Direttorio dell'Unione dei Fratt. e Sorr. del S.C. art. XVIII; OS 457.

2. Vita di contemplazione continua, ma inserita, come quella di Gesù, Maria e Giuseppe a Nazaret, in un'esistenza comune e non separata dagli altri uomini. Si può notare un progresso a questo riguardo.
Per alcuni anni Charles è stato prigioniero del desiderio orgoglioso dell'uomo moderno. Ma con la sua conversione a "Nazaret" è diventato per il nostro tempo il segno dello spogliamento di sé, grazie all'abbandono completo al Padre.
In una meditazione del 1897 sulle ultime parole con le quali Gesù sulla croce si affida al Padre, Charles ha espresso questo atteggiamento. Il nucleo di tale meditazione è divenuto la preghiera dell'abbandono (cf. S 177; SS 119).
"Nazaret" è dunque l'intuizione fondamentale di Charles, che si realizza a gradi.
a. In un primo momento cerca di vivere la somiglianza alla lettera. Per questo ricerca nel Vangelo tutto quello che rimanda alla povertà ed umiliazione del Figlio di Dio fatto uomo. Per vivere in tal modo, non gli basta nemmeno la povertà del priorato di Akbès.
"Il mio pensiero vitale lo sapete: imitare la vita nascosta di Nostro Signore a Nazareth nel modo più perfetto possibile, così come il nostro caro san Francesco imitò la sua vita apostolica": AMB 26/12/1893 (p. 45).
b. 1901-1916: Dopo il primo periodo ricco di desideri e di progetti, Charles realizza la vita di Nazaret: è il passaggio dalla lettera allo spirito.
"Gli ultimi esercizi del diaconato e del sacerdozio mi hanno mostrato che questa vita di Nazareth, la mia vocazione, dovevo condurla non nella Terra Santa, tanto amata, ma tra le anime più malate, tra le pecorelle più abbandonate. Questo banchetto divino, di cui sono ministro, dovevo offrirlo, non ai fratelli, ai parenti, ai ricchi vicini, ma ai più zoppi, ai più ciechi, alle anime più derelitte che mancano di sacerdoti [...] E poiché nessun popolo mi è sembrato più abbandonato di questi, ho sollecitato e ottenuto dal rev.mo Prefetto ap. del Sahara il permesso di stabilirmi nel Sahara algerino e di condurvi, nella solitudine, nella clausura e nel silenzio, nel lavoro manuale e nella santa povertà, solo, o con qualche sacerdote o laico fratelli in Gesù, una vita per quanto è possibile conforme alla vita del beneamato Gesù a Nazareth": A Mons. Caron 8/4/1905; SS 181-182.
"La tua vita di Nazareth può essere condotta ovunque: conducila nel luogo più utile per il prossimo": Diario 22/7/1915; OS 340.
Nel deserto "con sé reca solo Vangelo ed Eucaristia: il Gesù resosi nascosto nella kenosi della Parola e delle specie eucaristiche, per poter essere alla portata degli uomini poveri" (T. Goffi, La spiritualità dell'Ottocento, Dehoniane, Bologna 1989, 112).
Charles parla della "santificazione dei popoli infedeli" grazie alla presenza eucaristica.
Nell'Eucaristia e nel Vangelo incontra il Cuore di Gesù
Ne Il Vangelo presentato ai poveri del Sahara nel 21° colloquio: Croce, scrive: "La religione cattolica [...] insegna a tutti gli uomini [...] anche quello che bisogna fare per giungere alla più alta santità". La "via" è quella "gloriosa della Croce e la via dell'imitazione del nostro beneamato Signore Gesù... Essa lo [l'uomo] illumina su questa via, nella notte cupa di questa vita, gli dà luce, ardore e coraggio per salirla, facendo brillare ai suoi occhi la più luminosa, la più dolce, la più calda delle verità, la 'verità' del Sacro Cuore di Gesù": OS 568. Commentando Lc 12,49, scrive: "Abbiamo una grande devozione per questo Sacro Cuore di Gesù col quale Dio ha acceso il fuoco sulla terra! Jesus Caritas: 'Sono venuto ad accendere un fuoco sulla terra! che voglio se non che arda?'. O mio Dio, fa' ardere questo fuoco nel mio cuore e in quello di tutti gli uomini! Amen. É l'unica cosa necessaria": MSE 365e; OS 729.
La preghiera che vive e propone è centrata sul Vangelo:
"Bisogna cercare d'impregnarci dello spirito di Gesù leggendo e rileggendo, meditando e rimeditando senza sosta le sue parole ed i suoi esempi: che essi facciano nelle nostre anime come la goccia d'acqua che cade e ricade su una pietra sempre allo stesso posto": A Louis Massignon, 22/7/1914; OS 133.
Durante tutta la sua vita Charles non trova nessuno disposto a vivere con lui il progetto Nazaret. Gli ultimi anni della vita sono, in modo tutto particolare, una "notte oscura dello spirito", in cui deve sperimentare come la sua visione di Nazaret si è risolta in un fallimento totale. Eppure proprio in questa notte Charles comprende ancor più profondamente che cosa significa Nazaret, come radicamento, legame definitivo alla popolazione dei tuareg tra i quali vive e che presto saranno inclusi nella fascia denominata "terzo mondo". Del resto, già a Nazaret scriveva:
"Aridità e tenebre: tutto mi è faticoso: santa comunione, preghiera, orazione, tutto, tutto, anche dire a Gesù che L'amo... Bisogna ch'io mi aggrappi alla vita di fede. Se almeno sentissi che Gesù mi ama. Ma Lui non me lo dice mai": OS 299.

3. Carità attiva e fraterna al servizio del prossimo, basata su un'amicizia attenta e concreta, che manifesta l'unità tra gli uomini, frutto e segno dell'amore di Gesù.
"Non c'è, credo, parola del Vangelo che abbia fatto su di me un'impressione più profonda e trasformato maggiormente la mia vita di questa: 'Tutto ciò che fate a uno di questi piccoli, è a Me che lo fate'. Se si pensa che tali parole sono quelle della Verità increata, quelle della bocca che ha detto: 'Questo è il mio corpo... questo è il mio sangue...', con quale forza si è portati a cercare ed amare Gesù in 'questi piccoli', in questi peccatori, in questi poveri": A Louis Massignon, 1/8/1916; OS 724-5.
Carità che richiede l'annullarsi:
"Il nostro annientamento è il mezzo più potente che noi abbiamo per unirci a Gesù e per fare del bene alle anime; è quel che san Giovanni della Croce ripete quasi a ogni rigo. Quando si può soffrire ed amare, si può molto; si può il massimo che si può in questo mondo: si sente che si soffre, non si sente sempre che si ama, ed è una grande sofferenza in più!, però si sa che si vorrebbe amare, e voler amare É amare": A M. de Bondy, 1/12/1916; OS 681.
Anche quando costa:
"Fai ogni giorno dei progressi nell'amore, nella virtù; se ti fermi indietreggi... Lavora dunque senza sosta ed esamina spesso a che punto sei: il mezzo per sapere se cresci, se stai progredendo nell'amore di Dio e in tutte le virtù consiste nel vedere se cresci nell'amore del prossimo e nell'umiltà... Se cresci in queste due cose, è la prova certa che cresci in tutta quanta la perfezione...": MSE 267e; OS 170.
Affrontando con coraggio i problemi, come la schiavitù:
"La schiavitù degli uomini e la patria terrena passano presto, come la vita [...] Però, detto questo e dopo averli confortati nella misura del possibile, mi pare che il dovere non sia finito, e che sia necessario dire, o far dire da chi di diritto: 'non licet', 'vae vobis, hypocritae', che mettete sui francobolli e dappertutto 'libertà, eguaglianza, fratellanza, diritti dell'uomo' e ribadite i ceppi degli schiavi, che condannate alla galera coloro che falsificano i vostri biglietti di banca e permettete che si rubino i bambini ai loro genitori e si vendano pubblicamente": A P. Martin, 7/2/1902; OS 581-582.

 
  Conclusione
"Charles de Foucauld mostra una grande cultura, ma non è un pensatore astratto. Non appartiene ai mistici dell'essenza, come Susone o Giovanni della Croce, ma ai mistici dell'esistenza, come Francesco d'Assisi, Vincenzo de' Paoli o Teresa di Lisieux. Non ha elaborato alcun messaggio spirituale, ma ha dato la testimonianza viva di un mistico del Vangelo" (GM 2, 240-241).
In particolare, Charles si pone sul versante di una "mistica della notte", della kénosis, del silenzio di Dio, in cui Egli si dà a conoscere tanto più chiaramente, quanto più grande è il nascondimento.
In questo modo Charles ha vissuto una mistica adatta al nostro tempo. Anche i nostri contemporanei ad espressioni troppo altisonanti, preferiscono l'ascolto di voci sommesse.
"Nel mondo cristiano dell'Ottocento, così travolto dalla frenesia dell'azione apostolica assistenziale, fratel Carlo si è posto in ascolto contemplativo della Parola e dell'eucaristia. Gesù eucaristico gli ha offerto se stesso inattivo, silenzioso, nascosto, una pura presenza d'amore verso noi sofferenti. Mentre Gesù-Parola, svelata interiormente dallo Spirito, lo ha introdotto in un apostolato assai lontano dall'azione pastorale del servizio sociale e dell'assistenza caritativa dominante nel secolo XIX" (T. Goffi, op. cit., 113).
Egli concepisce il prete non come una persona che si affanna in attività apostoliche, ma che si lascia tratteggiare dallo Spirito come icona del Cristo, è certo che l'umanità è salva se fra essa è reso presente Gesù Cristo mediante l'Eucaristia ed il Vangelo" (cf. ib., 190). Ma è anche disposto a lasciarsi continuamente "lavorare":
"Mi vedo con grande meraviglia passare dalla vita contemplativa alla vita del santo ministero. Vi sono condotto, mio malgrado, dal bisogno delle anime": A sua sorella, 17/1/1902; TPF 144 in B 66.
Testimone odierno della vita orientata nel senso della sequela di Cristo, ricorda che:
Il "nostro solo Maestro" e "solo perfettamente santo" è Gesù: MSE 478e; OS 85.
"Tutta la nostra vita, per quanto muta essa sia, la vita di Nazareth, la vita del deserto, così come la vita pubblica, devono essere una predicazione del Vangelo mediante l'esempio; tutta la nostra esistenza, tutto il nostro essere deve gridare il Vangelo sui tetti; tutta la nostra persona deve respirare Gesù, tutti i nostri atti, tutta la nostra vita devono gridare che noi apparteniamo a Gesù, devono presentare l'immagine della vita evangelica": MSE 314e; OS 367.
A Cristo occorre sempre volgersi:
"Guardiamo i santi, ma non attardiamoci nella loro contemplazione, contempliamo con essi Colui la cui contemplazione ha riempito la loro vita.
Approfittiamo dei loro esempi, ma senza fermarci a lungo né prendere per modello completo questo o quel santo, e prendendo di ciascuno ciò che ci sembra più conforme alle parole e agli esempi di Nostro Signore Gesù, nostro solo e vero modello, servendoci così delle loro lezioni, non per imitare essi, ma per meglio imitare Gesù": OS 11.

CHARLES DE FOUCAULD, Opere spirituali. Antologia, Paoline, Roma 1984, 6 ed. (= OS).
Scritti spirituali, cur. SIX J.-F., Cittadella, Assisi 1969, 2 ed. (= SS).
Scritti spirituali. Giorno per giorno, cur. SOURISSEAU P., Piemme, Casale M. (AL) 1999.
Solo con Dio in compagnia dei fratelli. Itinerario spirituale dagli scritti, cur. BOLIS E., Paoline, Milano 2002.
Lettere a Mme de Bondy. Dalla Trappa a Tamanrasset, intr. GORRÉE G., AVE, Roma 1968 (= AMB).

Picc. Sor. ANNIE DI GESÙ, Charles de Foucauld, Qiqajon, Magnano (BI) 1998.
BARRAT D. et R., Charles de Foucauld et la fraternité, Seuil, Paris 1990.
BORRIELLO L., Sulle orme di Gesù di Nazaret. Evoluzione interiore e dottrina spirituale di Carlo de Foucauld, Dehoniane, Napoli 1980 (= B).
LAFON M., Una voce dal deserto, Paoline, Milano 1998.
SIX J.-F., Itinerario spirituale di Charles de Foucauld, Morcelliana, Brescia 1961 (= S).
ID., Charles de Foucauld (1858-1916), in RUHBACH G. - SUDBRACK J. (edd.), Grandi mistici, 2, Dehoniane, Bologna 1987, 231-252 (= GM).
ID., L'Aventure de l'amour de Dieu, Seuil 1993 (con 80 lettere inedite Foucauld-Massignon).
ID., L'eredità spirituale di Charles de Foucauld, "Famiglia Carlo de Foucauld" 18 (1996) n. 64, 9-22.
VOILLAUME R., Charles de Foucauld e i suoi discepoli, S. Paolo, Cinisello B. (MI) 2001.

 
   
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